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Il mercato dello smart working in Italia pare essere il fanalino di coda nell’Unione europea. Questo emerge dagli ultimi studi sul mercato del lavoro in Italia che al contempo registrano alcuni segnali positivi nel mezzogiorno; cresce l’interesse per gli hub al Sud, dove aumentano le offerte di lavoro.

La situazione dello Smart Working in Italia oggi

Dopo due anni di emergenza pandemica sappiamo che lo smart working se utilizzato correttamente può rappresentare uno strumento che facilita l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro. Purtroppo ad oggi, in particolare nel sud Italia, lavorare in smart working non è ancora una consuetudine radicata in azienda e questa forma di lavoro agile è al di sotto delle sue potenzialità.

Smart Working Italia: le parole di Giorgio Vittadini e degli esperti del settore

In un mercato del lavoro dove le offerte al Sud sono state solo l’8% del totale, mentre il 78% dei posti di lavoro sono concentrati nel Nord e il 14% nel Centro, Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, osserva:

“lo smart working per il sud può rappresentare un’occasione straordinaria per favorire la crescita del paese e abbattere storiche diseguaglianze.

Molti lavoratori qualificati del Mezzogiorno potrebbero così mantenere un legame con il proprio territorio, senza rinunciare a preziose opportunità.

È una strada che potrebbe davvero cambiare il mondo del lavoro e dare un nuovo impulso all’iniziativa imprenditoriale al Sud”

Lo studio registra anche come stia crescendo l’interesse delle aziende a veri e propri uffici con team aziendali dislocati in aree lontane dalle grandi città del CentroNord.

Marco Ceresa, Group Ceo di Randstad afferma che:

“Sempre più imprese iniziano a considerare di favorire lo sviluppo nelle aree più fragili del Paese, cercando di trovare anche quelle competenze e quelle risorse preziose che sempre più si fa fatica a trovare nel Nord del Paese.

La creazione di un hub di lavoro può davvero essere il volano per il “south working”, potendo reclutare competenze altrimenti non accessibili, garantire il bilanciamento vita-lavoro alle persone e sostenere di un indotto locale.

Ma i presupposti fondamentali per esperienze di south working di successo sono la creazione di un’adeguata infrastruttura digitale, spazi adeguati e uno sforzo multilaterale tra aziende, agenzie per il lavoro, Comuni di riferimento e atenei universitari

Lo stallo nello sviluppo dello smart working in Italia

Purtroppo in Italia assistiamo a una sorta di ripiegamento dello smart working mentre nel resto d’Europa il lavoro a distanza sembra destinato a proseguire la sua crescita.

Gli occupati che lavorano spesso da casa in Italia sono passati dal 3,6% del 2019 al 12,2% del 2020, per poi scendere all’8,3% della fine del 2021. Mentre la media europea degli occupati che lavorano spesso da remoto passa dal 5,4% del 2019 al 12% del 2020 al 13,4% del 2021. Il rallentamento è evidente.

Confrontando l’Italia con gli altri paesi europei, l’impressione che si ha è che il nostro paese ha decisamente tirato il freno rispetto allo smart working.

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